SIERRA NEVADA giorno 2: Dal Veleta a Capileira e ritorno a Granada (con imprevisto)

Dal Veleta a Capileira in bici

Nonostante il tavolato duro, ho dormito comodo e senza problemi. Il materassino gonfiabile è un lusso molto apprezzato nei viaggi lunghi, ma se la giornata è stata intensa e la stanchezza è il sano risultato dell'esercizio fisico, ne posso fare tranquillamente a meno (come in questo caso).
Togliere qualche grammo dalla bici non fa male.

I quattro escursionisti hanno raccolto le loro cose e si sono rimessi in marcia prima dell'alba, mentre io ho deciso di attendere la luce del giorno. La prima parte della discesa correva su un sentiero piuttosto accidentato che non avevo mai percorso prima, e affrontarlo al buio non mi sembrava una buona idea. Anche l'altro ciclista (Jonathan, un ragazzo inglese in perfetto assetto da bikepacking) si è alzato insieme a me e abbiamo scambiato qualche parola. Il giorno prima aveva seguito praticamente il mio stesso percorso, partendo però alle 11 e fermandosi a guardare il passaggio della tappa ciclistica. Ecco perché era arrivato al rifugio così tardi!

Alba sul Mulhacén
Spunta il sole dietro al massiccio del Mulhacén

La luce dell'alba sul rifugio
Luce fredda sul rifugio de La Carihuela

Rifugio de La Carihuela al sole del mattino
Cambia il tono, ma l'aria è bella fresca

Dopo una veloce colazione mi sono rimesso in sella, ansioso di affrontare la lunga discesa verso Capileira, (che era il vero obiettivo di questa escursione). Jonathan, nel frattempo, si dirigeva verso la cima del Veleta che non aveva avuto il tempo di raggiungere il giorno prima. Ci siamo salutati sapendo che molto probabilmente ci saremmo ritrovati lungo la strada, visto che anche lui scendeva a valle con l'intenzione di rientrare a Granada. 109km, 930 metri di dislivello positivo (salita) e ben 3.400 di discesa!

"It will be a long day!"

Certo, quello che allora non sapevo è che sarebbe stato ancora più lungo di così. Ma andiamo con ordine.

Una cappa di foschia copre il mare e la costa, altrimenti visibile da quassù

Pronti ad affrontare il lungo e tortuoso sentiero

Dai, un altro scatto e andiamo!

Calpestando la neve    L'ultima chiazza di neve vicino al rifugio    Il pico del Veleta visto da dietro

L'aggettivo più indicato per descrivere la prima parte del percorso è semplicemente "spettacolare". Il sentiero non era così sconnesso come temevo, ma non sono mancate le salite, cosa che dal grafico altimetrico era difficile capire, visto l'enorme dislivello verticale. A tratti pareva di essere su un altro pianeta, tranne per il suono lontano dei campanacci o l'apparizione di qualche escursionista appena partito da un altro rifugio della zona. Stambecco ne ho visto soltanto uno, ma sicuramente è perché prestavo più attenzione ad evitare le pietre lungo il sentiero. Breve sosta obbligata per calpestare l'ultima chiazza di neve, che sta cercando strenuamente di resistere fino all'autunno.

Per un po' il sentiero si mantiene in quota con qualche saliscendi

Sali    Scendi    On top of the world

Per un po' il sentiero si mantiene in quota con qualche saliscendi, passando al di sopra di vari laghetti naturali, poi la discesa inizia a farsi sentire e si rende necessario un uso dei freni più intenso. Nonostante i miei buoni propositi, ho fatto solo un paio di pause per scattarmi qualche selfie, con risultati discutibili a causa del bluetooth poco performante.

Rocce, rocce e ancora rocce

L'unico scatto riuscito di una serie di tre

Piccolo passo verso la vallata del Poqueira

E ora si scende

Uno dei laghetti visti dall'alto

Se non sbaglio, dovrei andare laggiù

Qui per un momento penavo di essere nelle Highlands...

        

Una volta raggiunto l'Alto del Chorrillo, finisce il sentiero ed inizia uno sterrato più uniforme che viene regolarmente percorso dal minibus che porta gli escursionisti in quota per salire sul Mulhacén, il monte più alto della Sierra Nevada. Da qui in poi conosco la strada, percorsa a piedi anni fa durante un'escursione lunghissima e indimenticabile. Questo fa sì che in alcuni punti mi trovi a lasciare un po' andare il freno, salvo poi fermarmi quando le vibrazioni e qualche pietra di rimbalzo mi fanno temere di aver perso qualcosa. Una luce, una bottiglia, il cappellino legato alla borsa. Piccoli presagi, forse?
La temperatura sta gradualmente salendo e ne approfitto per togliermi la maglia termica. Poi riparto.

Fine della strada e inizio del sentiero. Lassù, il Mulhacén.

Ultime rampette prima della discesa definitiva

Sul tetto del mondo

Si scende ed appaiono i primi alberi

La discesa prosegue senza intoppi fino al limitare dei boschi. L'ambiente si fa meno lunare e anche più ricco di vita animale: farfalle, uccelli, api... 
Ed è qui che succede il fattaccio.

Mentre sto percorrendo un rettilineo a notevole velocità, noto un dolore intenso al polso sinistro e faccio appena in tempo a vedere una vespa incastrata tra la manica della giacca e il guanto slacciato. Non posso mollare il manubrio per scacciarla, e quando mi fermo lei è già volata via per conto suo. Accidenti, quest'anno è già la terza! Immediatamente estraggo dalla borsa del telaio uno stick post-puntura che porto sempre con me e lo passo sulla pelle, che nel frattempo ha iniziato ad arrossarsi. Ovviamente, la cosa più logica che mi viene da fare è togliere l'orologio, che tocca proprio il punto interessato. Nel momento in cui slaccio il cinturino, uno dei perni che tiene insieme la maglia si sfila. Evidentemente era sul punto di cedere, e se non fosse stato per quella vespa avrei potuto perderlo lungo la strada senza neppure accorgermene! Lo risistemo alla meglio e lo infilo lateralmente nella borsina, pensando che me ne occuperò in seguito. Tanto, sono certo che nei prossimi giorni non potrò indossarlo.

Il rimedio temporaneo poco a poco fa effetto e il dolore iniziale sembra scemare, per cui metto a posto lo stick e riparto, un po' indispettito con quella vespa, ma tutto sommato felice di non aver perso l'orologio. É un buon orologio, ed è un regalo a cui tengo particolarmente.
Di nuovo riprendo velocità lungo i tornanti che scendono a valle, questa volta facendo poco caso ai colpi che in varie occasioni scuotono il telaio o i pedali. Ho già fatto un sacco di soste inutili e so che è tutto ben legato. Solo dopo aver superato il parcheggio al limite dell'area naturale, mi fermo per scattare una foto e mi rendo conto che la cerniera della borsa è rimasta aperta. Meglio chiuderla, non si sa mai. Anzi, diamo un'occhiata all'interno per controllare che sia tutto a posto.
Ma... dov'è l'orologio? Terrore.
...
Ricerca frenetica dentro la borsa, nelle tasche, ovunque. Dell'orologio nessuna traccia.
E se fosse saltato fuori su uno di quei tratti pietrosi? E se quel colpo che ho sentito non fosse solo un sasso? E se...?
Inizio a percorrere a ritroso la strada che sale verso i monti, ripensando a quanto accaduto con la vespa. Se l'orologio è cascato fuori dalla borsa dovrei trovarlo facilmente, ma quanti chilometri avrò già percorso da allora? Quanto tempo ci metterei a tornare lassù? E se quell'enorme scavatrice che ho incrociato poco prima del parcheggio ci è passata sopra? Allora, addio orologio.
Insomma, ripasso metro per metro tutta la salita, sotto al sole che già scalda e con la catena che continua a saltare sull'ultimo pignone, fino a superare gli ultimi alberi e il punto dell'incidente. Nulla.

Nel frattempo, in direzione contraria, vedo arrivare il mio coinquilino inglese, che dopo la salita al Veleta ha ripreso la sua via. Vedendomi tornare su fa una faccia che mi strappa una risata, così mi fermo a raccontargli l'accaduto e poi ci risalutiamo. Retrocedo ancora di qualche metro, poi torno a scendere a zig-zag a velocità ridottissima, scrutando la strada e i fossi laterali, dove potrebbe essere stato lanciato l'orologio. Tornato al punto di partenza decido mio malgrado di gettare la spugna. Per quanto mi faccia male sospendere le ricerche, ho già perso quasi due ore e a questo punto le mie ipotesi sono due: o l'orologio è stato catapultato fuori dalla pista ed è caduto in un punto poco visibile, magari tra l'erba alta, oppure l'uomo che guidava la scavatrice lo ha visto ed è sceso a raccoglierlo. A questo punto avrà già raggiunto il piano dove finisce la strada (se è lì dove stava andando), ovvero 10km più su (700 metri di dislivello). E se, dopo tre ore, lo raggiungessi e mi rispondesse "No, yo no he visto ningún reloj"?

É finita. Se acabó. It's over. In fondo, sembra proprio che per un motivo o per l'altro, oggi fossi destinato a perderlo, quell'orologio. La vespa, chiunque la mandasse, ha fatto il possibile per alterare il corso degli eventi, ma il destino ha trovato un altro modo per farlo accadere. Non è così facile cambiare la storia.

Ecco laggiù il paesino di Capileira!

Da questo punto in poi mi sono concentrato sulla pedalata, proseguendo la discesa su strada asfaltata fino ad Órgiva. Breve pausa pranzo a Lanjarón (taboulé e salmorejo comprati al supermercato) per poi risalire a buon ritmo verso Granada. Colonna sonora: S&M2 dei Metallica con la San Francisco Symphony, doppio album a cui il ritmo non manca di certo.

Risultato a fine giornata: 118km totali, 1.230m di dislivello positivo e 3.730 di discesa. Non male.

Capileira e Bubión    Órgiva    Lanjarón

- Hai visto? Te l'avevo detto che lo avrebbe perso lo stesso.
- Già. È andata come doveva andare...


In Memoriam. 2009-2024


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