Viaggetto estemporaneo di un paio di giorni per sfuggire alla calura estiva e
alla tappa della Vuelta a España.
Ma come, un ciclista che fugge dai ciclisti? Ebbene sì. Non ho nulla contro i
ciclisti, sia chiaro, ma tutto il circo che precede e accompagna questo tipo
di manifestazioni "sportive" non è assolutamente di mio gradimento, e visto
che l'arrivo della tappa del 25/8 era proprio a un tiro di schioppo da dove
vivo, ho pensato bene di togliermi di torno.
Il percorso lo avevo già pianificato da un po', anche se iniziavo a dubitare
che lo avrei realizzato quest'anno. A causa dell'alta quota, si tratta di una
via agibile solo in estate, o almeno fino alla caduta della prima neve. La
traccia però era pronta su Komoot, e l'idea di passare una notte al fresco mi
ha tolto ogni residuo di dubbio.
Dopo la salita al pico del Veleta dell'anno scorso (leggi
qui), mi era rimasta la voglia di ripetere l'impresa fermandomi per la notte al
piccolo rifugio/bivacco de La Carihuela, per poi scendere il giorno
seguente sul versante opposto e raggiungere il mare. Questa volta non avevo la
necessità di partire prestissimo per anticipare i compagni, ma neppure potevo
tardare molto, a causa del caldo e del passaggio della tappa ciclistica,
prevista nel pomeriggio su parte del mio stesso percorso.
Mi sono messo in movimento intorno alle 6:30, quando l'alba era ancora
lontana. Nel paese di Cenes de la Vega, l'ultimo nucleo abitato prima
di imboccare la strada per la Sierra, risuonava ancora la musica della
feria locale, con gruppi di ragazzini più o meno sobri che facevano
ritorno verso casa. Poi, per un po', l'unico suono che mi ha accompagnato
lungo la salita è stato il frinire dei grilli, interrotto dal passaggio di
qualche occasionale automobile.
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Cenes de la Vega e Granada alle prime luci
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Salendo di quota si fa giorno
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Più in quota e alla luce del giorno il traffico si è fatto più intenso, fino a
raggiungere il passo di El Dornajo, dove orde di camperisti e
cicloamatori erano già in attesa dei loro beniamini. Da qui in poi basta auto,
ma ciclisti ce n'erano in abbondanza, dato che era domenica mattina. Molte
bici da strada, alcune mountain bike, poche e-bike, nessuno in bikepacking.
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Turisti e ciclisti in attesa della Vuelta
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Qui l'aria è già più fresca
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Vista dall'alto di Pradollano, la stazione sciistica
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Piccola sosta contemplativa
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Superati i 2000 metri sul livello del mare il caldo non era più un problema,
per cui avrei potuto tranquillamente fermarmi a pranzare alla
Hoya de la Mora e lasciare il resto della salita per il pomeriggio.
Detto, fatto. A breve distanza di tempo ho fatto colazione e mi sono sbafato
un bel piatto di papas a lo pobre, per poi fermarmi un'oretta in un
boschetto a digerire.
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Papas a lo pobre! |
Quando mi sono rimesso in marcia si era alzato un po' di vento, in parte
contrario. In generale però la salita è stata meno faticosa della volta
precedente, anche se in realtà ho evitato la parte più dura aggirando
il Veleta senza toccarne la cima e raggiungendo direttamente
il rifugio.
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I lunghi tornanti sulla strada del Veleta
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La salita è lunga ma con pendenza regolare (la differenza la fa il
vento)
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Sempre più in alto...
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Salita con vento contrario
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Salita con vento a favore
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Qui è dove la pista si divide: a sinistra per la cima, a destra verso il
rifugio
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Ampia panoramica verso Granada
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Si tratta di una piccola struttura non custodita posta alla ragguardevole
altezza di 3205 metri, dotata unicamente di panche, un tavolo e tavolati di
legno per dormire. Al mio arrivo non c'era nessuno, cosa che mi ha fatto
sperare di essere l'unico ospite per tutta la notte. Ho avuto tutto il tempo
di installarmi e cambiarmi (a quella quota il fresco si fa sentire), poi, poco
prima del tramonto, sono arrivati a piedi quattro ragazzi che hanno preso
posto sulle panche e hanno consumato la loro cena. Non abbiamo socializzato
molto, ma c'è stato un momento di partecipata animazione quando una piccola
volpe si è avvicinata al rifugio avanzando tra noi senza troppo timore. Non ne
avevo mai visto una così da vicino, evidentemente è abituata alla presenza
umana e frequenta il rifugio in cerca di cibo. Uno dei ragazzi le ha offerto
un salamino che lei ha gentilmente accettato dalla sua mano prima di
sgattaiolare via. Lo so, non si fa, ma mica potevo mettermi a far polemica, e
poi la scena è stata simpatica.
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Virtudes all'arrivo
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Rifugio/bivacco de La Carihuela
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Le ombre si allungano...
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Il rifugio e sullo sfondo il pico del Veleta
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Quando già eravamo tutti distesi al buio e mezzi addormentati, ha raggiunto il
rifugio un altro ciclista, che però non ho visto fino al mattino. All'interno
del rifugio non vi era luce salvo quella dei frontalini individuali, ed ogni
piccolo rumore veniva amplificato dalla volta ricurva. All'inizio ho pensato
di mettermi i tappi nelle orecchie per riposare meglio, ma la stanchezza non
mi ha permesso di alzarmi per andarli a cercare nella borsa. Tra sussurri,
grattamenti, fruscii di sacchi a pelo e il russare del nuovo arrivato, sono
riuscito comunque a prendere sonno. Tra l'altro, ho potuto verificare con
sollievo che il mio equipaggiamento era adeguato per la temperatura notturna,
non estrema ma comunque invernale.
Intorno alle 3:45 ho anche approfittato di una pisciatina (il "servizio" era
tra le rocce dietro al rifugio) per dare un'occhiata al cielo notturno. Una
mezza luna impediva di vedere le stelle più distanti, ma è stato comunque uno
spettacolo notevole che, vivendo in città, non ho spesso la fortuna di
osservare. Ma sarà meglio rientrare, che fa freddo e domani sarà una lunga
giornata...
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