Al lago di Giacopiane


Una delle mie prime uscite del periodo post-paranoia mondiale è stata la salita al lago di Giacopiane partendo da San Salvatore di Cogorno, luogo nel quale ho avuto in sorte di passare i lunghi mesi di lockdown. Dopo quella sgradevole esperienza (sulla quale non mi dilungherò, visto che l'abbiamo vissuta tutti quanti) ho iniziato a sentire sempre più forte l'esigenza di superare i confini del "giretto in bici" di un paio d'ore al quale mi limitavo ormai da anni, per azzardare qualche percorso più lungo e impegnativo.

Conoscevo abbastanza bene quelle zone, trattandosi della vallata di provenienza della mia famiglia paterna (da parte di nonna), ma non vi ero mai stato su due ruote. La mia presenza lassù era sempre stata associata a gite domenicali, sagre di paese o visite alle tombe dei bisnonni. Questo sì, ricordavo che la strada era in salita e piena di curve.

Dando uno sguardo al percorso su Google Maps e Komoot, la nuova app che avevo appena installato sullo smartphone, mi sono reso conto che l'idea di raggiungere il lago in bici non era poi così estrema. La salita c'era (e tanta), però avevo a disposizione tutto il tempo che volevo e avrei mangiato al sacco godendomi la giornata senza fretta. E poi, come sempre dico per rassicurare chi sta a casa: "Se dovessi rendermi conto che non ce la faccio, mi fermerei prima o cambierei percorso".Ma in genere non succede perché sono troppo testone e piuttosto che rinunciare all'obiettivo, scendo a piedi e spingo.


 


Partenza come al solito al mattino presto per evitare di pedalare nelle ore più calde, anche se questa precauzione si sarebbe rivelata eccessiva. Certe abitudini prese vivendo al Sud sono difficili da ignorare, soprattutto quando le hai maturate con l'esperienza  (pedala a 40ºC tra campi d'olivo senz'ombra e imparerai anche tu). Anzi, la giornata prometteva temporali già dalle prime ore, e quella era probabilmente l'unica vera incognita della gita. Infatti, dopo aver superato Borzonasca seguendo la strada provinciale fino a Campori, ho raggiunto il paesino di Temossi e mi sono ritrovato tra le nuvole.







I boschi lussureggianti, l'aria fresca e umida dei monti e l'assenza quasi totale di automobili sono stati un inebriante antidoto contro la monotonia delle giornate passate al chiuso sotto l'incessante martellamento dei telegiornali (il telecomando non era in mio potere) o le code al supermercato starnutendo nella mascherina a causa dell'allergia. Ma adesso ero fuori e nessun drone dei carabinieri mi stava dando la caccia!







La salita è stata effettivamente lunga e me la sono sudata tutta (la mia bici aveva bisogno di una messa a punto), ma la soddisfazione di svoltare l'ultima curva e vedere il lago è stata impagabile. Ho fatto il giro in senso antiorario sullo sterrato che percorre tutto il perimetro e mi sono fermato tra le rocce sottovento. Mentre sulla riva, placide, riposavano alcune mucche, ho divorato l'insalata di riso che avevo preparato la sera prima e ho letto qualche pagina del mio libro. Ma già si sentivano i primi tuoni e l'aria si era fatta freddina (in fin dei conti ero sopra ai 1000 metri). Mi aspettava una luunga discesa, che ha sempre il sapore di una ricompensa quando sai di essertela guadagnata.



A valle mi attendeva l'afa estiva, il solito tran-tran e un ritorno alla normalità che tardava ad arrivare, ma ne era valsa la pena. Anzi, ci stavo prendendo gusto...







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